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francia_ita_nucITALIA E FRANCIA, L’ASSE NUCLEARE
L’energia dà il via a una serie di accordi: dalla brigata alpina in comune all’immigrazione.
In un panorama internazionale dove Sarkozy incontra sempre più difficoltà a farsi intendere e a fare la figura dell’energico sapiente, perfino la disprezzata Italietta può diventare utilissima e desiderata spalla. Così il periodico vertice franco-italiano - quest’anno di stanza a Parigi - è diventato una cornucopia di intese, accordi, dichiarazioni di intenti, sorrisoni e convergenze: dal nucleare dove a Parigi ormai si parla di simbiosi senza precendenti, al militare, dalle ferrovie dove fino a ieri ci si guardava in cagnesco, all’immigrazione dove il modello italiano che fino a poco tempo fa veniva denunciato come pericolosamente vessatorio e diseducativo improvvisamente è diventato efficace e eticcissimo.
Una comunione d’intenti
Siamo al momento della accelerazione, come hanno sottolineato Sarkozy e Berlusconi al termine del vertice. In perfetta corrispondenza di parole e propositi. Se non siamo alla formazione di un asse franco italiano non molto ci manca. Resta da vedere se resisterà.
A fare da traino il nucleare. Un anno dopo la firma degli accordi tra il risorgente nucleare italico, ovvero le imprese francesi (Areva, Edf) e italiane (Ansaldo, Enel) ormai si viaggia al galoppo. Sarkozy ha salutato il cammino degli italiani con toni trionfali: «la storica decisione di Berlusconi di ritornare al nucleare», l’ha definita. Facendo sfilare i sette accordi in materia di sicurezza, gestione delle scorie, formazione e soprattutto collaborazione industriale che ha nel comune impegno intorno al motore di terza generazione che dovrà equipaggiare le centrali italiane.
L’atomo insieme
«La nostra volontà è di lavorare mano nella mano con le imprese italiane - ha detto Sarkozy - siamo veramente decisi a investire nel lavoro con gli italiani», Non c’è da dubitarne. Dopo il rovescio subito negli Emirati, dove i coreani sudisti gli hanno sfilato un mercato da venti miliardi di dollari, le future cinque centrali italiane, anche se i tempi saranno prevedibilmente biblici, sono un utile sostituto. Berlusconi da parte sua ha ricordato che il governo vuole arrivare a attribuire al nucleare un quarto della produzione elettrica del paese e ha annunciato di aver studiato con Sarkozy un programma di documentari televisivi realizzati nelle aree di frontiera dove si trovano alcuni dgli impianti francesi per dimostrare agli italiani ancora renitenti che tutto funziona alla perfezione e senza rischi. I due presidenti hanno anche firmato il calumet della pace ferroviaria impegnandosi per iscritto a cooperare nella «liberalizzazione dei due mercati». Quindi via libera per l’ingresso delle ferrovie francesi nell’operatore privato italiano Ntv che a sua volta ha deciso di adottare i treni ad alta velocità fabbricati da Alstom.
La pax ferroviaria
«Non c’è posto per una guerra dei binari tra Italia e Francia - ha virtuosamente annunciato Sarkozy - è una cosa che non ha senso». Una sorta di marcia indietro visto che i protezionisti erano proprio loro, i francesi. Un florilegio di consensi reciproci su tutti i grandi temi della politica internazionale. Dove «le convergenze dei punti di vista sono veramente forti» e dovrebbero tradursi in posizioni comuni ai prossimi G8 e G20. Sostenuto dal presidente del Consiglio Sarkozy ha assicurato che «l’Europa è pronta in ogni momento a correre in soccorso della periclitante economia ellenica sulla base del piano approvato a marzo in margine all’ultimo consiglio europeo: «appartiene alla Grecia e agli stati membri della zona euro su raccomandazione della banca centrale europea e della Commissione di decidere se le condizioni sono riunite per attivarlo - ha detto -. L’Europa ha sempre reagito a tempo ogni volta che si è confrontata con una crisi finanziaria e nessuno dubiti che lo farà anche per la Grecia. Su questo punto le posizioni dei due paesi sono le stesse esattamente». Berlusconi ha usato le stesse parole ricordando che le conseguenze di un mancato intervento «sarebbero molto negative».
Sarkozy ha ripreso uno delle sue inerpretazioni preferite dell’Unione e del suo futuro: ovvero la necessità di una Europa che «protegga» dove la concorrenza e il mercato siano tutelati ma in cui non ci sia spazio per l’ingenuità nei confronti di chi viola le regole.
DOMENICO QUIRICO
CORRISPONDENTE DA PARIGI
LA STAMPA 10 APRILE 2010