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USA: 30 ANNI DA THREE MILE ISLAND, RITORNO AL NUCLEARE

DUE AMERICANI SU TRE A FAVORE; BOOM INGEGNERIA NUCLEARE IN CAMPUS
NEW YORK
(di Alessandra Baldini) (ANSA) - NEW YORK, 28 MAR - Three Mile Island, 30 anni dopo: nel trentesimo anniversario dell'incidente che il 28 marzo 1979 fece vivere agli Stati Uniti l'incubo della 'Sindrome Cinese', gli Stati Uniti rilanciano il nucleare, rivisitato in chiave 'verde'. Una catena di nuovi reattori potrebbe essere costruita nei prossimi anni soprattutto sulla costa atlantica degli Stati Uniti. E un sondaggio Gallup pubblicato la scorsa settimana ha scoperto che una vasta maggioranza di americani, il 59 per cento, approva l'uso dell'energia atomica a scopo commerciale, e tra questi quasi uno su tre sono "fortemente a favore". Gli Stati Uniti hanno oggi 104 reattori nucleari che generano il 20 per cento dell'elettricità della nazione: le società elettriche hanno fatto domanda per costruirne altri 26 nei pressi degli impianti esistenti e la Nuclear Regulation Commission prevede che le prime approvazioni potrebbero arrivare nel 2011. Il ritorno del nucleare ha però davanti a sé vari ostacoli, a partire dai costi, aumentati considerevolmente rispetto a solo pochi anni fa: una unità da 1000 megawatt potrebbe costare, secondo le stime della Cambridge Energy Research Association, da sei a otto miliardi di dollari, con punte, in caso di costruzione di reattori gemelli, di 16 miliardi di dollari. L'energia nucleare intanto è entrata nelle classi: a Reed, un college
nell'Oregon, un reattore nucleare nel campus permette agli studenti un approccio di prima mano alle tecnologie nucleari mentre alla University of Pittsburgh, non lontano da Three Mile Island, il corso di introduzione all'ingegneria nucleare attira da un paio di anni un centinaio di studenti. E' un panorama agli antipodi rispetto a trent'anni fa quando la centrale alle porte di Harrisburg fu protagonista del peggior incidente nella storia dell'atomo commerciale negli Usa. Il film 'Sindrome Cinese' era uscito nelle sale da pochi giorni descrivendo una catastrofe in un impianto atomico quando una combinazione di errori umani e di un guasto a una valvola provocò il parziale 'meltdown' nel nucleo di uno dei reattori.

Contrariamente a quanto accadde a Chernobyl sette anni dopo, dalla  centrale statunitense non si sprigionò nessuna nube tossica. Ma migliaia di persone che vivevano nei pressi di Harrisburg furono raggiunte dalla radiazioni (o almeno furono a contatto con acqua o prodotti contaminati), come lo furono coloro che, negli anni successivi, lavorarono per ripulire il reattore danneggiato e i 
dintorni della centrale. Finì male anche la società elettrica proprietaria della centrale, Metropolitan Edison: fallì, non potendo far fronte né alle ingenti spese di decontaminazione dell'area, né ai 
risarcimenti da pagare. (ANSA).