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IL DRAGONE DIVORA ENERGIA NEL 2010 HA SUPERATO GLI USA
Nel 60˚rapporto della BP la Cina è prima al mondo nella classifica dei consumi
FRANCESCO SEMPRINI-NEW YORK
Luci a Hong Kong: gli oltre sette milioni di abitanti sono tra i più «affamati» di energia al mondo
La Cina si proclama campione mondiale di consumi energetici per l’anno 2010. Il Dragone, protagonista nell’ultimo decennio di una crescita economica senza precedenti, strappa agli Stati Uniti un altro primato destinato a mutare ulteriormente gli equilibri geostrategici. L’anno scorso, la ripartizione dei consumi complessivi di energia ha visto la Cina conquistare quota 20,3% a fronte del 19,3% degli Stati Uniti, scavalcati per la prima volta nella storia. A dirlo è il 60 esimo «Bp Statistical Review of World Energy», il rapporto annuale redatto da British Petroleum e considerato un documento di riferimento. I dati non lasciano spazio a dubbi: la prima tra le economie emergenti si aggiudica la più grande quota di mercato in un anno che ha visto i consumi energetici globali correre alla velocità maggiore dal dopo shock petrolifero del 1973. L’aumento della domanda aggregata è del 5,6%, mentre il trend di ascesa è stato ampio in termini geografici e di fonti grazie alla ripresa economica post-crisi. La stessa che vede nella Cina uno dei principali trascinatori, tanto che il
Paese ha segnato in termini di consumi energetici un balzo su base annuale dell’11,2%. Secondo la Bp, la domanda di energia nei Paesi più avanzati, quelli che rientrano nella Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, è cresciuta del 3,5% segnando il rialzo più pronunciato dal 1984 tale da riportare i volumi complessivi ai livelli di dieci anni fa. Per quanto riguarda i Paesi non-Ocse, tra cui le economie emergenti e quelle in via di sviluppo, l’incremento è stato del 7,5%, a una quota superiore del 63% rispetto a quella del 2000. Il petrolio si conferma la fonte energetica più richiesta con il 33,6% dei consumi complessivi, sebbene continui a perdere quote di mercato per l’undicesimo anno consecutivo.
Il carbone è il combustibile fossile a crescita maggiore (+7,6%), con rialzi sia nei Paesi Ocse, dove registra l’aumento più pronunciato degli ultimi 31 anni (+5,2%), sia nelle economie emergenti come Cina (+10,1%) e India (+10,8%). Il Dragone si conferma il più grande consumatore di carbone con una quota del 48% sul totale mondiale mentre gli Stati Uniti sono il Paese più assetato di greggio con il 21% della domanda globale, il doppio della Cina. «L’andamento riflette fattori di carattere ciclico e strutturale - spiega Bob Dudley, amministratore delegato di Bp - Da una parte ci troviamo davanti a una ripresa della produzione industriale post-crisi, dall’altra l’aumento della domanda riflette la rapida crescita delle economie emergenti».
Il balzo dei consumi, come il trend di crescita globale, vede nei Paesi in via di sviluppo i principali protagonisti. Ma se il rialzo della domanda rappresenta un buon segnale in termini di crescita generale, ci sono anche dei campanelli d’allarme. In particolare per l’ambiente, visto che nel 2010 le emissioni nocive di CO2 causate dalla produzione di energia sono cresciute alla velocità maggiore dal 1969. «La Cina ha un approccio molto rigoroso a queste cose», dice Dudley secondo cui, nel Paese, la crescita non è l’unico fattore preso in considerazione. «Ce ne sono altri, come le ricadute sociali legate allo sviluppo e alla sua sostenibilità, la sicurezza energetica e i cambiamenti climatici». Del resto la Bp evidenzia come l’aumento diffuso della domanda di energia riguardi anche fonti rinnovabili. I consumi di energia da fonti eoliche, geotermiche, solari e biomasse hanno registrato nel 2010 un balzo del 15,5%, ed anche se i Paesi Ocse trainano la crescita, l’output della Cina proveniente da queste fonti è cresciutodel 75%, il secondo incremento dopo gli Usa. Campione in termini assoluti è l’energia idroelettrica che mette a segno nel 2010 il maggior rialzo di sempre, mentre l’atomo con il +2% si mantiene a livelli superiori alla media generale.
La Stampa 9 giugno 2011