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Di Claudio Rojas Guerra
Piuttosto che scrivere una cronologia dei momenti vissuti, che certamente altri fratelli faranno meglio di me, vorrei sottolineare gli istanti ed i sentimenti provati; ecco il motivo per cui mi sono preso del tempo per assimilarli perfettamente, perché il tempo è un giudice equo e giusto che ti permette di vedere tutto con l’esatta prospettiva e la dimensione adeguata.
Prima di intraprendere il viaggio eravamo molto ansiosi e felici, perché tanti fratelli, da questo angolo estremo del mondo, potevano finalmente essere presenti all’incontro   tanto atteso, cosa che dava maggiore trascendenza al nostro viaggio. Finalmente quel  giorno è arrivato e ci siamo imbarcati senza aver quasi dormito, ma felici. Eravamo insieme a Carmen Alegre e José Antonio Bustamante, da lì siamo partiti per Rosario e dopo per Las Parejas-Sante Fe. In seguito ad un viaggio stancante e pieno di contrattempi, sommati all’accumulo di stanchezza, siamo arrivati finalmente al Terminale di Buses, destinazione finale, dove la sorella Carmen de Huertos ci aspettava; non ho ancora trovato le parole per esprimerle la nostra gratitudine. Nel vederla eravamo pieni di allegria, come un bambino piccolo quando rivede sua madre che va a prenderlo all’uscita di scuola, dopo una lunga giornata. Rapidamente ci ha accompagnati nel luogo dove stavano cenando Giorgio Bongiovanni e gli altri fratelli,  i quali ci hanno ricevuto con grande calore: sarei rimasto a lungo abbracciato a loro! Questo è stato il regalo più grande, è bastata la possibilità di vederlo appena cinque minuti prima che andasse a riposare, da riprenderci del tutto dopo il lungo tragitto.
             
Il Venerdì Santo, abbiamo avuto il privilegio e l’opportunità di fare una piacevole chiacchierata intima con Giorgio, insieme ad alcuni fratelli dell’Argentina e dell’Uruguay, in casa di Juan Alberto Rambaldo, il quale ci ha regalato diverse “perle” di saggezza. Il giorno successivo, vale a dire il sabato, abbiamo viaggiato in comitiva verso Rosario, dove ci sarebbe stata una riunione delle Arche insieme ai fratelli del Cile (Andrea Sanchez, Yasna Ayala, Marco Antonio Readi e Luis Ayala). Alcuni per motivi di lavoro non hanno potuto prenotare e/o viaggiare prima, ma per non perdere l’occasione di stare insieme al nostro Calice vivente hanno compiuto un tremendo sforzo e sacrificio, attraversando la frontiera in auto senza praticamente fermarsi. Inoltre, abbiamo rivisto i fratelli del Paraguay e dell’Argentina, con i quali avevamo avuto la fortuna di trovarci in altre occasioni. Il nostro caro fratello Juan Antonio Frey, che non posso non menzionare, è stato per noi un vero sostegno paterno, ci ha donato tutto il suo tempo durante la nostra permanenza.
Il modo in cui siamo stati accolti dai fratelli dell’Arca di Rosario è stato per noi qualcosa di assolutamente commuovente ed indimenticabile, così come il calore e la fraternità del loro prodigarsi nel servirci e sistemarci; una perfetta organizzazione in cui tutti lavoravano come pezzi di una grande macchina, come formiche, senza pensare o guardare quello che stava facendo l’altro, in cui ciascuno dava il meglio di se stesso. La particolare accoglienza di Matias e Sergio deve essere menzionata, tutti senza eccezione ci hanno regalato molto; nel mio cuore ho impresso ciò che ho vissuto come una delle cose più importanti del nostro viaggio.
A Rosario il concetto fondamentale, secondo il mio modesto giudizio, riguardava la spiegazione di chi siamo e, a partire da questo, il ridefinire la nostra missione, ora che si avvicina il momento della verità e della guerra per le anime:
 “Noi apparteniamo alla chiesa di Giovanni, perché Egli ha ricevuto, ha ereditato la conoscenza suprema di Cristo (per questo è la chiesa degli iniziati). Essa ci è stata trasmessa, quindi noi dobbiamo aiutare la chiesa di Pietro che è sempre una chiesa di Cristo, ( legata più al dogma e al rito) con grandi e immense tentazioni al suo interno”.
Nella riunione mondiale delle Arche a Zarate, si è approfondito il concetto:
“Noi siamo parte della chiesa di Giovanni.  La chiesa spirituale di Cristo è una, ma gli apostoli erano diversi e due di questi, Giovanni e Pietro, ereditarono la missione di essere le guide degli apostoli. Giovanni, che era il prediletto di Cristo, prese la missione di dire la verità, tutta la verità ed iniziare gli altri discepoli, affinché questi (e siamo noi) potessero risvegliare le anime alla rivelazione cosmica. La chiesa di Giovanni non è quella di Pietro, entrambe sono parte del corpo mistico di Cristo, sono due insegnamenti complementari, ma quella di Giovanni è un insegnamento che compie una profezia del Vangelo, quando Cristo dice: “Io manderò loro il Paraclito, il Consolatore che dirà loro tutta la verità sulle cose celesti, tutta la verità sul giudizio e che Egli ritornerà; che le forze della natura sono le armi di Cristo”. (Giovanni 16:12) “Devo dirvi ancora molte cose, ma ora non le potete comprendere. (16:13) Ma quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà a tutta la verità; perché non parlerà per suo proprio conto, ma parlerà di tutto ciò che ha ascoltato,  e vi farà sapere le cose che verranno. (16:14) Egli mi glorificherà; perché prenderà da me, e ve lo farà sapere. (16:15) Tutto quello che ha il Padre è mio; per questo motivo dissi che prenderà da me, e ve lo farà sapere”.
Questo è l’altro Consolatore del quale ci parla Giovanni nel Vangelo, perché prima nel capitolo 14 si riferisce allo Spirito Santo, il Consolatore promesso. Tutto ciò  procura confusione, poiché la stessa cosa si associa generalmente allo Spirito Santo annunciato dagli Apostoli durante la Pentecoste.
Finalmente come corollario, il messaggio più forte:
"Ognuno di noi è protagonista della Seconda Venuta di Cristo, protagonista significa che è un Giorgio Bongiovanni e che ha le stimmate invisibili. Voi oggi dovete realizzare che siamo stimmatizzati, non avete le stimmate che sanguinano, fisiche, sono invisibili, ma siete segnati. Quindi il compromesso ora è maggiore, abbiamo sempre detto: è la missione di Giorgio, sono le sue stimmate, è Giorgio che sanguina. Noi dobbiamo aiutarlo, stargli vicino, sostenerlo... umilmente anche noi siamo discepoli di Cristo. Adesso voi siete stimmatizzati spiritualmente.
Per avere questo onore del segno di Cristo nel vostro spirito dovete imitare vostro fratello Giorgio, lasciando tutto, essere servitori dei fratelli, lavorare per l’armonia, l’unione ed essere assetati di Giustizia”…Non bisogna prenderlo alla leggera e/o  sentirsi speciali, esaltare la propria vanità ed il nostro ego, nemmeno limitarci al fenomeno in sé o meravigliarsi sempre di ogni sua risposta alle nostre domande, della disponibilità nei nostri confronti. Non basta ammirare il coraggio di Giorgio nella sua lotta instancabile, l’amore che si traduce in perseveranza nell’Opera, nonostante sia una voce che grida nel deserto spirituale la cui eco scuote la coscienza e risveglia il santo timor di Dio, bensì, dobbiamo prendere reale e definitiva coscienza del momento che viviamo, dell’imminenza degli eventi prossimi a manifestarsi. Ora più che mai occorre imitarlo, lavorare, gridare, denunciare, facendo tutto quello che egli fa, perché il tempo è finito. Seguire questa strada spirituale è come camminare sul filo di un rasoio, è la strada stretta, quella che pochi cercano e ancor meno trovano. In realtà è un vero regalo perché può portarci a grandi alture. Se non faremo quello che ci viene chiesto, la caduta potrà essere precipitosa, perché quanto più si sale più dolorosa e distruttiva è la caduta, fino a  perdere la nostra anima (la perdita dell’ "ego sum” o la monade), la nostra individualità di esseri umani in processo di evoluzione. Se abbandoneremo la lotta che è prossima ad incominciare in una dimensione maggiore a quella conosciuta   ora, perderemo tutto quello che abbiamo raggiunto fino a quel momento. Come ha detto il nostro fratello Jean Georges Almendras: “bisogna coniugare definitivamente il dire con il fare, perché parlare è più facile che fare, è più semplice promettere che compiere”... l’ora è arrivata!!! Questo istante è l’ultimo prima dell’inizio di tutto, dobbiamo abbandonare la comodità, iniziare ad usare termini come: sacrificio, audacia, avventura e coraggio. Siamo obbligati, perché ci siamo eletti volontariamente ad essere testimoni della verità, piccole luci in questo mondo di tenebre, affinché altri possano vedere un barlume di luce. Ecco la conclusione e l’insegnamento che mi rimane da dirvi, dopo questa grande rivelazione”.
Il sentimento prevalente in me è un grande senso di gratitudine, che rivolgo prima di tutto e sopra ogni cosa a Dio, perché ci ha permesso di fare questo viaggio. Ringrazio poi il nostro Giorgio per la sua instancabile dedizione verso tutti noi e per averci regalato una parte del suo tempo da condividere insieme ai fratelli del Cile; un ultimo grazie a coloro che hanno donato la propria compagnia e le infinite attenzioni fraterne.
Con amore e sete di giustizia
Claudio Rojas G.
12.04.2013