Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024

abruzzoPROIBITO INFORMARE

Arrivi a Villa sant'Angelo (AQ) dopo aver attraversato strade presidiate dalla Protezione Civile e dalle forze dell'ordine. Davanti agli occhi uno stillicidio di case colpite dalla violenza del terremoto. Alcune prese a pugni dalla forza della natura, altre segnate di lunghe crepe a mo' di corona di spine, altre ancora apparentemente intatte. Uomini in divisa ai posti di blocco. Alla redazione di Sollevati Abruzzo ci aspetta il direttore Angelo Venti. Un combattivo collega che, insieme ad alcuni amici e collaboratori, ci fa da guida in questa sorta di viaggio al centro della terra. Una terra che nella notte del 6 aprile scorso ha esploso tutta la sua violenza dopo mesi di “avvisaglie” inascoltate da chi aveva il dovere di farlo. Nei campi allestiti dalla Protezione Civile la gente attende. Un misto di impotenza, rabbia, dolore e tanta dignità segna i volti delle persone che incontriamo. Tende di colore blu, alcune verde militare puntano dritte verso il cielo; canali di scolo, biancheria stesa, donne che passano con secchi in mano. E poi ancora uomini e donne seduti, in attesa. Un bambino cade dalla bici impantanata nel fango. Un uomo, un ufficiale dello Stato Maggiore in aspettativa, ci chiama a gran voce e ci porta nella sua tenda che condivide con altre 6 persone al campo di Fossa. Ci mostra l'acqua piovana che entra irrimediabilmente dalla tenda e si deposita sul suolo. All'interno della tenda il tasso di umidità è molto alto e l'acqua per terra non accenna a diminuire. L'uomo è esasperato anche dal silenzio che riceve dallo Stato Maggiore alle sue richieste di intervento. Una donna piange, sono lacrime di rabbia per il fatto di sentirsi abbandonati a loro stessi. La fotografa che è con noi le accarezza il viso cercando di consolarla. Ma ormai c'è chi si è accorto degli “intrusi”. Ecco che si materializzano le gerarchie ufficiali. Arriva il capo campo infastidito della nostra presenza e ci chiede di uscire. In maniera sbrigativa si rivolge al carabiniere di turno per farci andare via. La stessa persona che ci ha invitato nella sua tenda interviene per  spiegare come sono andate le cose. Niente da fare. Evidentemente non è ammesso lamentarsi. Soprattutto con stampa e fotografi. Anche il carabiniere un po' sommessamente ci invita ad uscire. Ci rivolgiamo al capo campo per comprendere le motivazioni. Vogliamo capire in base a quale “legge”  uomini, donne, anziani e bambini non possano lanciare una richiesta di aiuto. In base a quale “regola” non è consentito conoscere chi si occuperà di rimettere a posto le tende dove entra l'acqua. Ma la “militarizzazione” della vita quotidiana post-terremoto non ammette repliche. E nel campo non sono ammessi i “disturbatori”. Ci incamminiamo verso l'uscita. Una bimba seguita da una psicologa ci viene incontro, si fa fotografare, ci abbraccia quasi a non voler lasciarci andare via. Davanti all'ingresso c'è la coda per accedere alla mensa, una fila che si ingrossa via via sempre di più.
La gente ci vede con i giornali e ce li chiede animosamente. Ha più fame di notizie, di informazioni, vuole sapere cosa succede al di fuori dal campo. Quale futuro li attende. La risposta sembra arrivare da un cielo plumbeo che in poco tempo si gonfia riversando sulle tendopoli una pioggia battente. La gente si ripara come può. Nel mezzo del temporale arriva una nuova scossa di terremoto che verrà catalogata del 4° grado della scala Richter. Le forze della natura continuano a far sentire la propria voce. E c'è chi tra gli sfollati lo interpreta come una risposta della Terra alle follie materialistiche degli esseri umani. Ma questo è un popolo fiero e orgoglioso. Che non vuole sentire parlare di “new town” e non intende accettare supinamente le passerelle  di un Primo Ministro “in pellegrinaggio” alla ricerca di voti e consensi. Resta da impedire che la ricostruzione possa avvenire sotto il controllo mafioso con materiali di scarto o ancora peggio cancellando le prove del perché le case sono crollate. Mentre l'iter della ricostruzione subisce un'ulteriore accelerazione dovuta alla “novità” del G8 da tenersi a l'Aquila nei prossimi mesi. Un'accelerazione che sembra più mirata a porsi di traverso alle inchieste in corso sulle responsabilità “umane” nei crolli. Sulla carta giacciono ora quelle regole sui sistemi antisismici destinate a tutte le moderne costruzioni. Qui servono geologi che studino profondamente se e come costruire in una determinata zona. Servono ingegneri, ricercatori che possano mettersi al servizio di una reale ricostruzione, scevra da logiche clientelari. E serve tanta informazione. Libera, come quella lanciata in rete dal giornale di Angelo Venti e dai ragazzi terremotati di Sfollati news. C'è da vigilare sui movimenti che si svolgono dietro le quinte del teatrino politico-mediatico. Su chi poteva intervenire prima del terremoto e non lo ha fatto per ignavia o per puro calcolo e che non deve rimanere impunito. Nel frattempo in alcune tende l'acqua continua ad entrare.

Lorenzo Baldo e Anna Petrozzi
1 maggio 2009