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SCAJOLA NEGLI USA. NASCE IL NUCLEARE ITALO-AMERICANO
Il ministro: «Andiamo avanti senza esitare. Nessuno fermerà il nostro programma»
L’accordo ricalca quello già firmato con la Francia, finora in corsa solitaria per il (ri)lancio dell’atomo italiano. Nove pagine e una dichiarazione politica che impegna i due Paesi alla cooperazione e la ricerca nella produzione a zero scorie del futuro, la cosiddetta quarta generazione. Scambio di scienziati e tecnologie, ma soprattutto «la ricerca di opportunità contrattuali per la realizzazione di centrali nucleari», in questo caso di terza generazione.
Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola vola a Washington per firmare con il collega statunitense l’intesa. Stephen Chu, il premio Nobel della squadra di Barack Obama, fa i nomi di chi se ne avvantaggerà: «General Electric e Westinghouse potranno partecipare agli appalti per le centrali italiane». La forma impone di citare i due grandi protagonisti, ma ad oggi l’azienda più interessata è Westinghouse, controllata dai giapponesi di Toshiba, che dal suo quartier generale di Pittsburgh fa sapere di essere «pronta a collaborare». Il gruppo Usa produce il reattore «Ap 1000» e da anni è socio di Ansaldo Nucleare, la controllata di Finmeccanica con cui ha in progetto di realizzare una centrale a sud di Shanghai, in Cina.
Ansaldo è interessata anche alla costruzione delle centrali Enel-Edf, ma in quel caso il suo ruolo sarebbe di minor peso. Con la firma il governo italiano tenta di raggiungere tre risultati: non legittimare il monopolio Enel-Edf, dare l’opportunità di un’importante commessa a favore di Finmeccanica, dimostrare al governo americano di essere impegnato nella diversificazione delle fonti che allontani la dipendenza dal gas russo. Ai piani alti dell’amministrazione Obama c’è preoccupazione per il sostegno italiano alla realizzazione di South Stream, il progetto di gasdotto che porterebbe in Italia grandi quantità di gas russo in alternativa a «Nabucco», sostenuto dagli americani. Eni, protagonista della partita russa, potrebbe investire in una centrale alternativa al consorzio franco-italiano.
«Stiamo procedendo a tappe forzate», dice Scajola. «La prima pietra la poseremo entro il 2013, il primo megawatt sarà prodotto fra il 2018 e il 2019». Gli ostacoli più difficili sono però oggi: «A metà febbraio definiremo i criteri per la scelta dei siti». Lo spettro che aleggia sono i ricorsi delle Regioni alla Corte Costituzionale. Ricorsi contro la legge Sviluppo che da al governo la possibilità di scavalcare i veti degli enti locali. Febbraio è vicinissimo al voto delle Regionali, ma Scajola garantisce che la maggioranza tirerà dritto, nella convinzione che alla fine il ricorso sia un’arma a doppio taglio: «Se la Corte ci desse ragione, sarebbe una doppia legittimazione», chiudendo la porta a nuove azioni legali. «Se dovesse darci torto ci può suggerire le modifiche legislative» utili a evitarne altri. Comunque sia «i sondaggi ci dicono che la paura nucleare oggi fra i cittadini non è più quella di una volta. Di qualunque natura sarà il veto di fronte al quale ci troveremo, è nostra intenzione far prevalere l’interesse generale».
ALESSANDRO BARBERA
INVIATO A WASHINGTON

LA STAMPA 1 OTTOBRE 2009