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SCORIE NUCLEARI IN ITALIA

Le maremme tra la Toscana meridionale e l'alto Lazio e una fascia a cavallo tra Puglia e Basilicata. Sono le aree dove è più propizia la costruzione del deposito nazionale temporaneo di superficie per i rifiuti radioattivi italiani, tra i quali le scorie delle centrali dell'Enel che, dopo il ritrattamento, stanno per tornare vetrificate dalla Francia. Ma non ci sono solamente queste zone. In tutto, ci sono 33 luoghi che sembrano fatti apposta. La mappatura condotta sette anni fa dall'Enea su incarico dell'allora-ministro dell'Industria Pier Luigi Bersani vede come zone adatte a ospitare l'impianto anche le Marche, la zona tra il basso Molise e il Gargano, il Tavoliere pugliese centinaia di briciole di territorio ai piedi dell'Appennino emiliano, in Piemonte, nel Mantovano e in altre zone.
Alla fine si era arrivati all'elenco (segretissimo) di 33 località.
Guai a far trasparire un qualunque nome sui luoghi, pena la ribellione locale in anticipo sul programma. Come è accaduto in Basilicata a Scanzano Ionico (si veda l'articolo qui sotto). Giovedì (si veda Il Sole-24 Ore di ieri) il ministro dello Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, aveva ripreso in mano il vecchio programma del deposito nucleare e con un processo di concertazione aveva esortato le Regioni a individuare entro la primavera prossima il luogo dove ospitare un'area recintata di 1,2 chilometri di lato, dentro la quale ospitare il deposito, uno scatolone di cemento di 500 metri di lato. Apriti cielo. Vito De Filippo, presidente della Basilicata (si veda l'articolo a destra), ha già messo le mani avanti, e ha trovato il consenso immediato dei suoi corregionali: quella di De Filippo «è una decisione importante per il futuro dello sviluppo del nostro territorio», afferma soddisfatto Donato Nardiello, presidente dell'associazione antinucleare "Scanziamo le scorie". E taglia corto l'assessore all'Ambiente e all'energia della Regione Piemonte, Nicola De Ruggero.
«Non può essere individuato in Piemonte il futuro sito nazionale per le scorie nucleari». Chi dovrà ospitare le scorie rilavorate che presto la Francia comincerà a rimandarci indietro? L'Enea aveva provato a delineare nel 2000 una mappa dei luoghi idonei. Mappa che oggi – vent'anni dopo il referendum che nel novembre '87 aveva detto no all'energia atomica – potrebbe avere bisogno di qualche ritocco. Si tratta di 2.500 chilometri quadri, pari allo 0,85% della superficie italiana. Sono state tolte le zone vicine ai confini; le isole (per i rischi connessi al trasporto delle scorie radioattive sul mare); le aree a rischio di terremoti, alluvioni e frane; i terreni vicino alle città, alle grandi linee di comunicazione e ai fiumi e così via. Restano 797 aree. Da questo primo elenco, via anchei terreni troppo piccoli per ospitare quel largo recinto di filo spinato. Alla fine, rimangono 290 piccole porzioni di terra, una grandinata di lotti dal Vercellese fino alla zona di Crotone. Poi, però, bisogna sapere scegliere.
Così Bersani ha a disposizione una lista di 28 luoghi perfettissimi per costruire il deposito, più altri cinque posti che erano già stati individuati in precedenza con criteri simili ma non identici. Nel deposito nazionale dovranno essere collocati i rifiuti che oggi sono distribuiti in una cinquantina di impianti provvisori, venti località diverse, che erano stati concepiti per tutt'altra destinazione. Oltre alle quattro centrali atomiche in smantellamento di Caorso (Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta) e Trino Vercellese, ci sono il polo atomico di Saluggia (Vercelli) con gli storici reattori sperimentali della Fiat e i centri ricerche dell'Enea, i laboratori europei di Ispra (Varese) e il centro Enea della Casaccia (Roma). Ma ci sono anche i depositi atomici dietro casa, come il reattore sperimentale e il deposito nella zona di Milano Lambrate o il deposito Cancr di Termoli.