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SAN NICOLÒ E DINTORNI

Da qualche giorno ci era stato segnalato di un presunto evento prodigioso accaduto ancora una volta in questa terra ed ancora una volta, come per Francavilla, in questa provincia: Messina.
Una statua del santo patrono in un paesino dei Nebrodi pare che avesse ripetutamente aperto e chiuso gli occhi dinnanzi ai bambini di una scuola che avevano avuto la tempestività ed il tempo di immortalare l’evento con il telefonino attraverso un video prontamente reso disponibile in rete   (http://www.youtube.com/watch?v=WvVyGqFy9-M ).
Decido che, comunque sia ed anche su sollecitazione dello stesso Giorgio, la domenica che viene andrò a farci un salto anche se dovessi andarci da solo.

E’ la sera di sabato 13 Giugno, verso le 20,30, e mentre sto per rientrare a casa noto un luccichio inusuale in mezzo allo stellatissimo cielo: una appena percettibile “stella che cammina”. Senza scendere dallo scooter vado subito a cercare uno spazio aperto che mi consentisse visuale senza la fastidiosa schermatura della luce artificiale: a 200 m. da casa mia in piena campagna mi fermo ad osservare l’ampia volta celeste alla ricerca di quel “segnale”. Niente. Ma decido ugualmente di soffermarmi ad ammirare e “controllare” la suggestiva distesa stellata nella speranza anche di vedere qualcosa… pensando all’indomani, alla richiesta di Giorgio di far visita al luogo dell’evento “miracoloso” di cui sopra, all’emozione ed al senso di responsabilità che sempre ci accompagna in queste situazioni. E’ dopo una decina di minuti che scorgo, in direzione sud-nord, una stella che si muove alta, molto alta per azzardare di aeromobili, e mentre ne osservo lo spedito incedere chiedo istintivamente un segno, una certezza. Istantaneamente, quasi a risposta del mio pensiero, l’oggetto espande a dismisura la sua luminosità, senza spostarsi dalla sua rotta, per due o tre volte proprio quando al mio zenit, nell’arco di una decina di secondi quasi a duettare con le mie emozioni, per poi riprendere l’originale dimensione e luminosità sparendo in maniera innaturale rispetto all’atteso “sfumare” all’orizzonte così come ci si aspetterebbe da un qualsiasi aeromobile.
Immaginate la mia contentezza. Mi fermo ancora a rimirare il sidereo spettacolo. Chissà, magari una qualche fortuita coincidenza di qualcosa di “convenzionale” che magari non conosco… sarà stato ciò che ho visto poco prima? Osservo ancora e poco dopo, credo 2/3 minuti, ecco spuntare dal nulla nel cielo, stavolta in direzione ovest-est, una simile, e spedita, “stella che cammina”: sembra ingrandire molto lentamente la sua luminosità che, anche ora quasi in risposta al mio “Fratelli, siete voi?”, ingrandisce prepotentemente di colpo, passando quasi sulla mia verticale, riducendo ed ampliando per ben tre volte. Quasi che avessero veramente voluto degnarmi di un saluto. E poi velocemente si affievolisce e scompare “prematuramente” nella maniera sopra descritta.
“Beh – penso – farà piacere anche a Giorgio saperlo” tra alcuni minuti, quando saremmo stati in chat con lui assieme ai ragazzi di Catania. Ancora qualche minuto, il tempo per vedere di nuovo un ulteriore passaggio luminoso nel cielo, con altra direzione ma piuttosto “spesso” in dimensione, senza alcun tipo di “segnalazioni” stavolta, ma speditissimo che si  perde come gli altri due…
Giusto il tempo di rientrare e mi ritrovo in conferenza Skype con i miei fratelli di Catania con cui, preventivamente avvisati, concertiamo la logistica per l’indomani alla volta di S. Nicolò. Ed inseriamo anche Giorgio in chat: il collegamento non risulterà dei migliori ed estenuante sarà il vai e viene della connessione. Pur tuttavia riesco in qualche modo ad accennare la precedente esperienza: “Perché sei un miscredente!” mi dice Giorgio attribuendomi amichevolmente con la consueta confidenza che ci è propria una qualche remora nel credere in alcune cose… “Mah… non so… vediamo… può darsi… ” rispondo io tutto in... sospensivo.
Mentre parliamo però noto che mi chiama Antonio D’Agata, sull’altro programma di chat: Antonio, che verrà con noi il giorno dopo, è un nuovo fratello che si è avvicinato dopo la conferenza del settembre 2008 al Gemmellaro, un omone, ma molto sensibile ed anche lui in cerca di approfondire e conoscere attraverso questa strada che ha iniziato a percorrere. E’ molto eccitato Antonio, lo avverto dal modo di scrivere, dai grossolani errori frutto della concitazione. Cosa è successo?
Riesce a raccontarmi che un suo amico, con cui parlerò per telefono il giorno dopo, verso le 23:00, quindi appena qualche minuto prima, salendo per una strada panoramica verso la sua cittadina, l’etnia Acicatena, viene attratto da un insolito spettacolo che ha anche l’effetto, oltre al comprensibile trauma, di fermare il traffico in quel tratto di strada: dieci sfere luminose di colore rosso arancia vengono viste uscire o salire dal mare per effettuare delle evoluzioni particolari sulla testa degli astanti. Pare che quattro di esse, secondo l’incredibile ma chiaro ed indubitato  racconto del testimone, si siano disposte prima a formare una “T” e poi abbiano descritto in tre un triangolo con la quarta al centro di esso. “Sicuro che non fosse una croce?” “No! Era proprio una T”. Tento di trasmettere anche questo accaduto in audio a Giorgio ed agli altri ma, come detto, la cattiva qualità della connessione non ci lascia molto spazio ad ulteriori considerazioni. Ma cosa dire? Conoscendo la serietà di Antonio non ho dubbi su quanto raccontato, ma cosa potrebbero voler significare i simboli descritti dalle sfere? Azzardo? Forse un richiamo alla necessità della realizzazione del valore tipico maschile del Tau? Il quale deve essere, in saggezza e determinazione,  in sintonia dentro l’aspetto trino dell’essere umano? Troppo sofisticato ed elaborato? E per chi l’eventuale messaggio? Per Antonio? Per il suo amico? Per altri? Se così fosse, credo ben sia per il suo amico, l’avvistatore. Ma sono solo mie impressioni. Comunque l’accaduto mi è parso giusto notificarvelo, e come leggerete non è il solo di natura prodigiosa avvenuto.
Cosicché il giorno seguente poco prima di mezzogiorno partiamo tutti da casa mia: in una macchina Angelo, Grei, Giorgino, Valeria e nell’altra io Antonio, Flavia ed Aurora. Michele invece ci raggiungerà direttamente sul posto. Scelgo un percorso che ci porterà ad attraversare la dorsale dei Nebrodi dalla zona jonica dove ci troviamo a quella tirrenica dove arriveremo: un lungo viaggio nel quale beneficiamo di una breve pausa panino tra gli splendidi boschi ad oltre 1000 m. tra Cesarò e San Fratello per poi giungere a pomeriggio inoltrato nella cittadina dove la statua del Santo Patrono sarebbe stata al centro di un miracolo.

Alcara Li Fusi. Questo il nome del piccolo borgo dove arriviamo, quasi una pendice della parte nord del maestoso monte Soro, picco più alto dei Nebrodi. Incredibile a riferirsi, ancor oggi, nella dialettica popolare il nome di Alcara è legato al significato di sprovvedutezza e dabbenaggine: quando uno sembra duro di comprendonio non di rado da parte di gente anziana ci si sente ancora dire: “Ma chi si di l’Alcara?” Ovvero: “Ma che sei dell’Alcara..?” E questo a dispetto della sua storia che potremmo stabilire ricca e millenaria, vantando anche probabili radici nel periodo della Magna Grecia. Il curioso nome deriva dall’arabo “Alkaret” ossia fortezza e dal fatto che fu negli ultimi secoli anche un importante centro per la produzione di “fusi”, impresa artigianale legata al mondo del tessile. A fatica ci incuneiamo con le macchine tra le strettissime viuzze del paese sino alla chiesa principale dove tra l’altro fervono i preparativi per la tradizionale e folkloristica processione del Corpus Domini, una costante suggestiva del religioso profilo, comune proprio in quella domenica a tutte le città della Sicilia ed oltre. La chiesa è bella, grande, maestosa di contro a ciò che da fuori potrebbe apparire, ed in un’appariscente nicchia laterale notiamo su di una piccola portantina la statua di San Nicolò Politi, in dimensione la metà delle generiche statue dei santi, quasi pronta per essere tradotta nella processione. “Che strano -penso- questo prodigio è avvenuto in chiesa” Ma giusto il tempo, chiedendo, per renderci conto che non era quella la statua in questione bensì un’altra posta dentro “l’eremo” ad un paio di Km fuori dal paese. Nel contempo però facciamo la conoscenza di un cortese collaboratore del comitato di S. Nicolò, Nicola Bompiedi, che si intrattiene con noi dandoci spiegazioni e lumi sul Patrono e sull’accaduto consentendoci anche l’accesso a quella che è la piccola stanzetta del “tesoro” e delle reliquie del santo ed in cui vi si trova anche una “vara” che con molte storiche probabilità sarebbe appartenuta alla S. Agata dei catanesi.. Alcuni di voi avranno sicuramente letto qualche notizia riguardante la vita di questo personaggio (http://www.sannicolopoliti.it/vita.html): vale comunque la pena ricordarne qualche passaggio, se non altro poiché sembra avere punti di comune interesse.

 

Nasce nel lontano 1117 nell’odierna Adrano, cittadina sul versante sud-ovest dell’Etna non distante da Nicolosi, da una famiglia agiata ed illustre, ma nella formazione del giovane Nicolò sicuramente intervenne qualcosa di speciale che lo indusse a maturare la non facile scelta di abbandonare agi e ricchezze, trappole di perdizione, per dedicarsi al Cristo in quella che poi, secondo le fonti di cui si dispone, fu una vita da eremita e di contemplazione. Da notare che Adrano, che condivide con Alcara Li Fusi lo stesso patrono, fu al centro all’inizio degli anni ’80 di un caso particolare verificatosi nella casa di un umile panettiere del luogo dove effigi di Gesù e della Madonna sanguinarono e sul quale, ricordo bene, lo stesso Eugenio scrisse in merito invitandoci, come sempre, a porre in evidenza l’accaduto. Tornando a Nicolò, si narra che egli, fuggendo da casa, trovò rifugio presso una grotta situata nel versante ovest del vulcano dove imparò tra le altre cose anche la sopravvivenza per ben tre anni. Dopo di che, saputo che era stato individuato dai servi del padre ed avvertito da un angelo si mosse alla volta del roccioso monte Calanna che sovrasta l’abitato di Alcara guidato dal provvidenziale librarsi di un’Aquila Reale. Anche qui una piccola nota: in Sicilia oggigiorno due sono i posti in cui questo prezioso e maestoso rapace vive e nidifica: l’Etna e le pendici rocciose dell’impervio Monte del Crasto ad Alcara, come ci conferma il buon Nicola aggiungendoci che il nobile uccello ed i suoi eventuali aquilotti vengono monitorati da due telecamere 24 ore su 24. E li, dove arrivò, Nicolò prese dimora in una piccola grotta ancor oggi esistente e in cui, secondo la narrazione, assetato, sentì una voce che gli diceva di percuotere, come Mosè, una roccia con il suo bastone e subito sgorgò acqua, un’acqua, che assicurano e così ci è parso, stagnante senza alimentazione e defluenza alcuna e di cui vi confessiamo che quel giorno ne avremmo bevuto un bicchiere a testa quasi tutti: limpidissima, inodore, stagnante. Quindi una vita in solitudine quasi e in odor di santità con vari prodigi che le cronache e la tradizione tramandano sino a quel giorno, aveva 50 anni, in cui un contadino lo trovò morto ancora nella posiziocchi aperti rivolti al cielo..

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Ma tornando a domenica, ci facciamo indicare dove si trova “l’eremo” con la statua che cerchiamo ed iniziamo ad avventurarci tra ripide e poco agevoli stradine di campagna non prima però di aver avuto l’estemporanea prontezza di fermare un gruppo di bambini che andavano passeggiando: tra di loro un paio facevano parte della scolaresca che, recatasi all’eremo per effettuare una ricerca sull’acqua, filmò l’evento ed una nello specifico, 11/12 anni, ci aggiunse particolari interessanti. Ovvero: i bambini avevano notato per più volte l’aprire e chiudere gli occhi del santo ancor prima che avessero avuto anche loro la prontezza di filmare con un telefonino, il che vuol dire chiaramente che la cosa si è ripetuta sotto il vociare euforico dei bambini e sotto lo sguardo della sconvolta professoressa Oddo la quale, come ci aggiungono, crede e come.. che tutto è avvenuto..; che anche, secondo loro, un qualche miracolo vi é già stato come nel caso di un bambino, forse della scolaresca, che cadendo da un autobus poteva sicuramente finire male ed invece solo piccole escoriazioni, miracolo di San Nicolò, parola di bambini; ed infine ci confidano che in paese c’è chi ci crede e chi no, ma a non crederci risolutamente sono il parroco ed il vescovo. Ma tu guarda che novità!

Arriviamo dinnanzi ad un piccolo scardinato cancelletto di legno da cui un viottolo ci conduce alla famosa “Grotta dell’eremo” dove vi è anche “L’acqua santa”. Un ambiente semplice, povero, agreste con accanto le viti e gli ulivi dei contadini, lontano dai fasti e dal luccichio di santuari e chiese: una piccola grotta nella quale vi si scende per un paio di gradini, ed a perimetro della quale nel tempo vi hanno costruito una spartana recinzione muraria circolare a pietra. Nel mezzo eretto un piccolo piedistallo in muratura cui sopra è poggiata la statua di Nicolò ed in basso un masso che con delle pietre descrivono una piccola vasca dove vi è l’acqua di cui si è detto. Facciamo delle foto al luogo, alla statua, la osserviamo con attenzione ed infine, godendoci anche il paesaggio con il tramonto all’orizzonte e qualche improbabile croce nel cielo tracciata dal “capriccio” delle nuvole, facciamo anche una bella foto ricordo di gruppo.
Questo è quanto concerne la nostra visita ad Alcara Li fusi.
Cosa trarne da tutto ciò? Che tipo di messaggio oltre alla già risaputa manifestazione di “segni” attinenti al religioso che sembrano proliferare nel nostro tempo e nelle nostre terre?
Indubbiamente l’accaduto ha provocato stupore, curiosità, dibattito e deduzioni intuitive nella gente, e questo sicuramente un aspetto. Ma per noi che indaghiamo questi avvenimenti e ne cerchiamo le proprietà comunicative? Non saprei esattamente ma un paio di considerazioni, personalmente, si affacciano: ripercorrendo la vita di Nicolò credo che la sua scelta di abbandonare la tranquillità della materia per cercare la realizzazione nella Verità possa essere sicuramente uno stimolo ed un esempio che, al di lá della contingenza materiale che egli visse, possa ancora una volta ribadirci di come sia necessario rinunciare a tutto se si vuole seguire la Verità del Cristo. Parole scontate paiono, in qualche caso anche ovvie, ma sempre molto più facili a dirle che a realizzarle ancorché per noi non si tratta tanto di abbandonare letteralmente agi e ricchezze quanto lacci e legami di carattere mentale e psichici che spesso ci condizionano facendoci segnare il passo in luogo di poter esprimere pienamente per i talenti che abbiamo. Poi il fatto in sé incredibile, ma documentato, che per certo una Dimensione Superiore si serva della figura di un santo, con un volto facilmente confondibile con quello di tante raffigurazioni di Gesù, per far aprire e chiudere ripetutamente gli occhi di una statua forse vuol significare “Noi ci siamo, vi osserviamo” ed anche un richiamo ad essere vigili, attenti, ad aprire gli occhi.. Mi rendo conto che non sia facile per i più arrivare a condividere queste riflessioni ma sicuramente tanti tra coloro che “hanno occhi per vedere ed orecchie per intendere” terranno in conto anche questo. E per finire ancora delle costanti: la semplicità e la purezza dei bambini chiamata a dare testimonianza, il luogo scelto..l’umile dimora del santo in mezzo alle coltivazioni collinari, in ultimo la conclamata miscredenza delle autorità ecclesiastiche.

Al ritorno, ma per la verità durante tutto il tragitto, ho personalmente avuto modo di scambiare opinioni anche con Antonio e Michele, conoscerli un poco di più. Due ragazzi puliti ed altruisti nel cui cuore arde la fiamma della comunione dei valori, dalla voce di giustizia per l’attuale degenerazione al desiderio della conoscenza ed anche di qualche esperienza..
E l’indomani ci giunge notizia che proprio Antonio pare abbia avuto un’esperienza particolare: ve la “incollo” tale e quale descritta con le parole dello stesso protagonista: … una cosa che oggi mi ha procurato una gioia inspiegabile. Oggi 15 giugno 2009 , classica giornata di inizio settimana , mi reco al lavoro alle ore sette come tutti i santi giorni e noto subito, o meglio avverto, una tranquillità un poco insolita ché di solito nei cantieri ci sta sempre un gran caos. Scusate premetto che di professione faccio il muratore ed oggi mi tocca salire in terrazza per fare alcuni lavori e noto che ci sta un cielo azzurro, splendido, senza l'ombra di una nuvola tranne quella nuvoletta classica sull'Etna. Comunque mi dedico al mio lavoro e nel mentre sto a riflettere su quella bella esperienza, vissuta ieri con gli amici dell'arca di Nicolosi (viaggio ad Alcara n.d.r.), tra un mattone e un altro e le mie riflessioni, do una sbirciata su nell'azzurro del ciel ed ogni volta che alzavo lo sguardo, provavo una strana sensazione: lo trovavo di una bellezza indescrivibile al punto tale che io mi meravigliavo e dicevo fra me e me “ma dai non è la prima volta che ammiro il cielo!” E andando avanti con queste mie riflessioni ecco che alle ore 11 e 50 / 55 circa alzo gli occhi al cielo e vedo li davanti a me, alta altissima una stella…no.!! Una stella a mezzogiorno impossibile però… come brilla...  un satellite… noo! Un satellite? E chi ce lo porta! Maturo l'idea che si tratta di una sfera e questa si muove leggermente in perpendicolare e poi si ferma. Chiamo subito a mio cognato e non capisco: lui mi prende per matto, non vede nulla, il mio dipendente non vede nulla, un altro ragazzo non vede nulla e mi prendono in giro. Ma essa era sempre li ferma che pareva mi osservasse…  A questo punto dico: “Ok ragazzi,  stavo scherzando” per far smettere  lo sfottimento, e mi domando (questa la cosa che mi a scioccato più di tutto): ”Ma sto dando i numeri? Son da ricovero o la vedo veramente? A questo mio interrogativo la sfera emana una specie di aura, luce, alone, abbaglio, non so definire con esattezza, di colore azzurro denso, quasi blu. A sto punto dico sempre fra me e me: “Ma siete veramente quello che io penso? Cioè  alieni -angeli - extraterrestri? Ed ecco che si riverifica di nuovo sta luce come fosse un abbaglio: a questo  punto ho quasi avvertito un senso di imbarazzo ed ho pensato: “Ma che fa mi sentono? Mi rispondono?” E nel mentre  mi ponevo l'ennesima domanda un altro abbaglio, ed é salita per un brevissimo tratto ed è svanita.  Io rimanevo sempre fermo in questa terrazza con il sole caldo che mi cuoceva ed avevo la pelle d'oca e dei brividi di freddo che mi attraversavano il corpo,  ma erano brividi di piacere. Mio cognato se ne è accorto e mi ha chiesto se stavo male. Ma che male e male! Io dal canto mio ho vissuto un'esperienza che non dimenticherò mai”.
No comment!
Il giorno seguente anche un altro piccolo episodio merita di essere annoverato. Mentre sono in spiaggia, mia moglie Flavia e mia figlia Aurora, a..giocare buttandosi addosso piccole pietre e vederne la forma la loro “dedizione” viene premiata: una di queste pietre attrae subito la loro attenzione, sembra essere la figura di una Madonnina anche se le foto fatte non rendono il realismo dell’originale soggetto. E poi a casa Aurora incespica procurandosi qualche graffio da cui fuoriesce un filino di sangue che asciugato prontamente con un tovagliolo “disegna” sullo stesso l’immagine di un cuore. E cuori ancora in quei giorni nell’impasto per preparare la focaccia o nelle bolle d’acqua che si formano sul piatto doccia, tutti abbastanza chiari ed inequivocabili nella forma e tutti regolarmente fotografati. Per questa dei “cuori” credo sia giusto aprire anche una parentesi con la quale ci ricordiamo che già sin dalle settimane precedenti erano capitati dei casi anche a Valeria e Grei, documentati anche questi, unitamente ad una quasi ossessiva ricorrenza del numero “11”. Per quanto riguarda i cuori, qualche settimana più avanti, in conferenza Skype, Giorgio evocherà il termine “ancelle”, attributo specificatamente femminile, per significare anche attraverso questi piccoli ma notevoli segni la vicinanza e la sintonia delle nostre donne con il cuore della Grande Madre anche in uno “spirito di servizio” che sostiene, conforta e consola noi uomini. Per quanto riguarda il numero “11” il pensiero di molti di noi è andato al capitolo 11 dell’Apocalisse, senza tanto scomodare cabale e numerologia: è il capitolo che “ci” riguarda, quello che stiamo vivendo. La missione affidata a Giovanni di “misurare il Tempio, l’altare e contare coloro che vi adorano” ovvero la chiamata “a raccolta” di coloro che sono vivi nello spirito nella luce di Cristo e subito dopo la manifestazione e l’opera dei “Due Testimoni” per i quali qualcuno scrisse: “Beati coloro che con essi collaboreranno”. Quindi una sequela comunicativa, a mio intendere, con la quale ci viene riaffermata “la strada” da percorrere e la nostra identità di “figli del Dio vivente” nella comunione di tutti i cuori che costituiscono il teologico “Corpo Mistico”.

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Settimane dopo. Avevo il PC fuori uso, non partiva più: pensai che stavolta fosse andato.
Sabato 4 luglio mentre sto per traslocare il computer da un amico perché possa darci un’occhiata mi giunge la telefonata di Angelo che mi informa che la sera alle 21,00 ci sarebbe stato un collegamento Skype con Giorgio dall’Uruguay. “Va bene –dico- se posso in qualche maniera partecipare, se no pazienza”. Consegno il PC e dico scherzosamente al ragazzo: “Se per caso dovesse avviarsi chiamami. Sai com’è, il mio computer è fatto con una tecnologia misteriosa!”. Faccio qualcosa come 7 km e mi fermo in un bar per un caffè: erano circa le 20:15 quando mi squilla il cellulare: “Ma qui è tutto a posto, funziona bene!” Mi si allarga il cuore e scrupoloso di rimando: “Senti, prova e riprova a riavviarlo e richiamami subito!” Sette minuti ancora ed arriva la conferma: “Sto arrivando a prendermelo!” Misteri della tecnologia che comunque mi consentono con qualche minuto di ritardo di entrare in chat con Giorgio ed i fratelli: e stavolta la connessione è impeccabile e si darà luogo ad un’importante e proficua conversazione dove Giorgio ci leggerà un suo scritto per bocca del Maestro da poco ricevuto e dove l’approfondimento del come e sul come servire la Legge di Cristo rimane il tema centrale.
Mentre con cuffia e microfono seguo la conversazione scorro sui contatti e decido di sentire “in finestra” Giovanni di Palermo, Giovannone, il quale mi scrive che era successa una cosa importante a Sergio con cui era in audio, ovvero l’evento del fermo immagine del volto del Consolatore con un rivolo di “sangue” di cui tutti voi avete già ricevuto completa relazione. Cosicché anche Giovanni entra con noi e parlerà qualche minuto con lo stesso Giorgio dell’accaduto.
Il giorno dopo l’amico giornalista Rodolfo Amodeo mi fa il cortese invio di un suo articolo di stampa dal titolo “Ritorno nella casa delle apparizioni”, quelle ovviamente verificatesi a Francavilla di Sicilia e di cui tutti siete al corrente. Era da circa 20 giorni che volevo andarci, avendo parlato anche con Giovanni l’inquilino della casa in questione: lo chiamo di nuovo e fissiamo un appuntamento per il mercoledì seguente. Arrivo sin dinnanzi la sua porta con lo scooter armato di una piccola macchina fotografica che non sapevo usare dalla “carica” bassa e dalla “memoria” quasi piena.. Anzitutto il clima cordiale e la consapevolezza di essere ben accetto, poi chiedo di mostrami  i nuovi sviluppi delle figure, sempre in via di modellamento, tra cui spiccano quelle di una coppia che in origine, come si evince dalle foto di stampa, dovevano rappresentare Cristo con la corona e la Madonnina..ma che adesso sono un po’ differenti quella di una sorta di volto dentro quello che sembrerebbe un calice infine forse quella più impattante, ovvero di un Cristo crocifisso con evidenti tracce di “sangue” ai piedi uniti, alle mani e sulla fronte. E di quest’ultima mi consta personalmente aver chiaramente notato minuti dopo che la loro bambina la ha fotografato, giacché è stata lei a maneggiare la fotocamera, l’evoluzione in “tempo reale” dell’inequivocabile e distinta formazione dei tratti del volto, delle gambe e dei punti che ricreano la sofferenza di sangue del Maestro. Incredibile ma reale. Saliamo anche sopra a rivedere il famoso specchio con l’alone del volto della Sindone e la Madonnina che –mi confida Giovanna-  quando suo figlio la riprende col cellulare la vede inchinarsi e muoversi. Giura che è così ed il figlio ha anche il video.
Scendiamo sotto e parliamo. Spiego loro che di questi avvenimenti prodigiosi ne stanno avvenendo parecchi ed anche in diverse parti del mondo e che vogliono significare che la divinità ci è vicina, che è prossima a manifestarsi perché, e loro annuiscono ripetutamente, le cose van male, troppo male. Racconto loro anche dell’esperienza che riguarda la statua di S. Nicolò Politi, che apre gli occhi. Mi “spingo” anche ad accennare a segni che girano attorno ai “Cerchi nel Grano” ed agli Ufo, e non ho notato in loro nessun tipo di ostilità preconcetta. Tuttaltro.
Poi arriva gente, due persone tra cui una signora cui loro racconteranno tutta la storia aggiungendo comunque pochi particolari a quello che già tutti conosciamo, quindi risaliamo di nuovo sopra per far vedere ai nuovi arrivati le immagini. E qui il colpo di scena: “Guardate, guardate, ha aperto gli occhi, ha gli occhi aperti!” ci dice concitata Giovanna con immediata conferma di marito e figlia, riferendosi all’alone del volto di Cristo sullo specchio. E se lo dicono loro che lo hanno sempre “sotto controllo”… Così mi avvicino anche io e noto che in effetti la sede degli occhi è, per così dire, vuota, come se vi fossero state cancellate le palpebre che normalmente sono ripiegate in avanti, cioè ad occhi chiusi come nel volto della Sindone che l’alone riproduce. Prego la bambina di fare alcune foto, e riusciamo ad ottenerne alcune alla cui visione, più tardi, quello che ne viene fuori è ancora una volta diverso dal momento degli scatti: non si vede il “vuoto” che tutti notavamo bensì occhi aperti ed anche con tratti piuttosto evidenziati dell’iride, la pupilla.
Incredibile ma vero anche stavolta. Dopo ci salutiamo promettendo di rivederci presto giacché devo anche consegnare loro la relazione che feci sul caso e che mi pare attendono con ansia di leggere.

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Concludo scusandomi se mi sono dilungato parecchio ma mi è sembrato importante riepilogarvi e trasferirvi tutti questi eventi che sembrano avere una qualche concatenazione, anche forse un comune denominatore: segni e segnali che costantemente ci tengono svegli, attenti, “vivi” forse anche per evitare di distrarsi, allentare la concentrazione di cui necessitiamo nel continuare questo spiritualmente entusiasmante anche seppur difficile cammino, da molti non compreso soprattutto per la sua pretesa cara a Giorgio e condivisa da tutti noi di porre al di sopra di tutto, affetti compresi, l’apostolato del Cristo come ragione della nostra esistenza. E quando si parla del Cristo… ovviamente ci si riferisce a quello VERO, non a quello delle giaculatorie e della venerazione mistica, una controfigura forgiata ad arte per secoli. Bensì quello dell’Amore e della Giustizia verso il tuo prossimo e solo verso di esso.

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Foto: Giorgio Barbagallo - Aurora Pavone

Con fraterna dilezione
Rosario Pavone

Gaggi (Messina)
12 luglio 2009